Che Cosa sono le nuvole

Laboratorio didattico per il Goethe Institut Neapel

 
 
muro.jpg

La Mostra

A supporto della mostra Nati dopo l’89, allestita al Goethe-Institut Neapel in occasione del trentennale dalla caduta del Muro di Berlino, Aste&Nodi ha realizzato un laboratorio rivolto agli studenti e alle studentesse delle scuole secondarie di secondo grado. Il reportage Nati dopo l’89 - realizzato per il Goethe Institut dal giornalista italiano Matteo Tacconi e dal fotografo spagnolo Ignacio María Coccia con l’intento di indagare la percezione, da parte della generazione post ‘89, della caduta del Muro, nonché delle successive e profonde trasformazioni dell’assetto geopolitico europeo - ha offerto lo spunto per ragionare sulle barriere che sono state costruite nel mondo dall’89 ad oggi. Invitando le ragazze e i ragazzi a leggere le interviste fatte a Dresda, Bonn, Trieste e Bari, la riflessione parte dall’ondata di profondi cambiamenti che hanno interessato la Germania prima e il resto dell’Europa nel ‘91, in particolare Albania e Ex Jugoslavia. Rivalutando gli aspetti positivi di un’esperienza considerata da tutto l’Occidente un estremo fallimento del comunismo, i giovani di Dresda contribuiscono a conservare la vivacità culturale caratteristica della città a contrasto dei nuovi movimenti a tendenza xenofoba e i giovani di Bonn riflettono su come raccontare l’esperienza della Germania divisa. La mostra suggerisce l’importanza del ruolo dell’Unione Europea nell’abbattimento di barriere e confini per la tutela della libertà di circolazione, non sempre e non ovunque scontata, ma sottolinea la necessità di immaginarla in modo diverso, alla luce dei valori che le nuove generazioni condividono più sentitamente.


Il laboratorio

Dopo la visita della mostra e prima di dare la parola ai partecipanti, il laboratorio è stato introdotto da una serie di sollecitazioni che hanno ampliato lo sguardo sui muri costruiti nel mondo dopo l’89 e sulle opere con cui gli artisti sono intervenuti su queste barriere, trasformandole in opportunità: l’inglese Banksy con il suo murales sul muro che separa Israele dalla Palestina sembra suggerire un modo per valicare quella barriera con la leggerezza dell’innocenza e la forza della speranza di una bambina appesa a dei palloncini; gli americani Ronald Rael e Virginia San Fratello installano delle altalene tra le barriere metalliche che separano Stati Uniti e Messico, mettendo in evidenza la necessità della condivisione nel gioco, impossibile da azionare se non con un compagno, come provocazione ai tentativi politici di isolare gli Stati Uniti per impedire l’ingresso dei messicani.

Siamo produttori di muri, anche invisibili, anche internamente
— A. Tabucchi

Dai muri fisici, la riflessione si sposta sui muri invisibili che generano discriminazione nella società odierna: il divario retributivo di genere e la ridotta mobilità sociale che condiziona la scelta scolastica degli studenti in uscita dalle scuole medie sono solo alcune delle barriere immateriali che condizionano concretamente la nostra vita. Richiedere la partecipazione attiva degli studenti in questo momento del laboratorio sposta il punto di vista: i muri non sono una realtà estranea a noi, ma ci riguardano direttamente in quanto “Siamo produttori di muri, anche invisibili, anche internamente”. Facendo appello all’esperienza diretta, si invitano i ragazzi a osservare la propria quotidianità in maniera critica per individuare tutto ciò che è separato da una barriera impercettibile. In un secondo momento, dopo essere incoraggiati a esprimere le proprie opinioni e condividere le proprie esperienze, i partecipanti sono chiamati a rispondere alla domanda “di cosa sono fatti i muri?”. Il dibattito che ne deriva viene successivamente convogliato in un processo partecipativo: attraverso un ragionamento collettivo il gruppo sceglie una parola che rappresenti metaforicamente tutti gli aspetti affrontati nel dibattito. Spostare la riflessione sul piano simbolico favorisce l’ascolto attivo e lo sforzo individuale di raggiungere un risultato collettivo spostando il proprio punto di vista per ottenerlo.

Come Jorge Méndez Blake sperimenta nelle sue opere le possibili connessioni tra i muri e la potenza generativa delle opere letterarie, i partecipanti sono invitati a trovare un legame tra i mattoni e la potenza figurativa delle parole: dare un nome ai muri che ci circondano è il primo passo per abbatterli. “El Castillo” di Blake, che si ispira al Castello di Kafka, non è l’unico riferimento per la fase conclusiva del laboratorio. Lo sforzo di far prevalere l’immaginazione rappresenta ossimoricamente lo sforzo ad aprire gli occhi di fronte alla realtà e a sviluppare un pensiero critico e non autoreferenziale, così come le marionette interpretate da Totò e Davoli in “Che cosa sono le nuvole?”, l’episodio della commedia a puntate “Capriccio all’italiana” diretto da Pasolini, riescono a vedere realmente le nuvole soltanto dopo essere stati liberati, anche se gettati in una discarica, dai fili del burattinaio ed essere usciti dalle pareti del teatrino dal quale non avevano mai avuto l’occasione di ammirare il cielo.