Negli ultimi anni il dibattito ideologico e teorico riguardo la natura e il ruolo dell’innovazione nella società contemporanea ha visto un progressivo affermarsi del concetto di innovazione sociale: nonostante i contorni della questione siano ancora sfumati e ricchi di incertezze, l’enfasi su questo nuovo campo di interesse è cresciuta notevolmente attirando l’attenzione non solo delle organizzazioni che operano nel settore più strettamente sociale, ma anche ad esempio delle agenzie private che offrono servizi di sostegno alla progettazione, o delle Università e governi a diversi livelli.

Nonostante la forte componente retorica, il dibattito che questa “teoria” ha generato sta portando alla diffusione di concetti e approcci nuovi che potrebbero contribuire a modificare gli strumenti e le procedure classiche di intervento, anche nei contesti urbani e territoriali.
In che modo, dunque, il dibattito sull’innovazione sociale può aiutare a veicolare nuovi modi di trattare le questioni che caratterizzando la città contemporanea e, viceversa, in che modo la lunga tradizione di teorie e pratiche urbane può contribuire allo sviluppo del nuovo dibattito?

Uno degli elementi cruciali, ad esempio, è la dimensione processuale dell’innovazione che viene spesso trascurata a fronte di un interesse più orientato alla definizione di modelli riproducibili d’intervento. Secondo alcuni autori, al contrario, l'innovazione sociale è l’esito di un processo che non può essere definito a priori. Nessuno può sapere, mentre intraprende un progetto, o un’azione, se questo sarà innovativo, se porterà un cambiamento nella società o se riuscirà a risolvere "i problemi" che la caratterizzano. Come sostengono Donolo e Fichera (1987) l'innovazione è un esito inatteso ed eventuale di un processo, talvolta, con tutt'altre finalità; cambia continuamente dall'ideazione alla pratica e i soggetti che hanno intrapreso un processo, probabilmente, non parteciperanno all'evoluzione dell'idea che lo ha guidato. E’ per questo motivo che Donolo e Fichera ritengono fallace l’idea di voler giungere alla formulazione di una teoria dell’innovazione in campo sociale, gli autori suggeriscono, al contrario, di orientarsi verso la costruzione di una cultura (plurale) dell’innovazione come risultato della cooperazione tra approcci e linguaggi diversi. Una cultura dell’innovazione sociale aiuterebbe, dunque, a costruire le lenti attraverso le quali riconoscerla nella miriade di pratiche sociali e ad individuare le condizioni entro le quali il suo sviluppo è favorito.

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AuthorSimona Colucci